Viva la musica! by Andrés Caicedo

Viva la musica! by Andrés Caicedo

autore:Andrés Caicedo [Caicedo, Andrés]
La lingua: ita
Format: epub
editore: SUR
pubblicato: 2012-08-22T22:00:00+00:00


IL POPOLO DI CALI RIFIUTA

Los Graduados, Los Hispanos[96] e gli altri cultori del «Suono di Antioquia», fatto su misura

per la borghesia e la sua volgarità.

Perché non si tratta di «In questa vita

mi è toccato soffrire[97]»

ma di «Attento, ti stanno sorvegliando».

Viva il sentimento afrocubano!

Viva il Portorico libero!

CI MANCA RICARDO RAY

Ma niente. Richie Ray non tornò più, e con la sua assenza cresceva il vuoto nell’anima di Rubén, consumando quanto aveva di più solido, le sue emozioni più reali e intense. Comunque, niente di paragonabile al fatto di avere perso il senso della realtà proprio quando ne aveva più bisogno. E così rimase segnato da una brutale impressione perduta. Ascoltare musica, organizzare occasioni per ballare, era il fuoco che ravvivava la sua perdizione.

Inutile dirlo, divenne un pessimo studente. A metà del quinto anno abbandonò il liceo. Uno zio gli trovò lavoro nel negozio di dischi Paz Hermanos, dove si dimostrò un abile venditore, sennonché in certi momenti, all’improvviso, provava un senso di smarrimento: a metà del disco restava con l’indice alzato davanti al cliente esterrefatto: gli era tornato alla memoria un briciolo di ricordo, una stella cometa: uno straccio rosso che sventolava sotto le luci per chiedere un’altra canzone.

Scambiava lo stipendio con i dischi (a prezzi speciali) e si comprò un bell’impianto stereo in compagnia del quale trascorreva il sabato sera, segregato, completamente sveglio, cupo. Dalle feste non pretese mai la salvezza e quando divenne socio del signor Rufián cominciò a credersi un angelo del caos e della cattiva strada, colui che portava la musica nelle case per provocare discordia e separazioni. Non si comportò mai gentilmente con i ragazzini che ballavano la sua musica. «Devono solo crescere ancora un po’», diceva. «Io vivo senza luce e senza gioia da quando ho quattordici anni». Si impasticcava per essere più disinvolto semmai (cosa rara) gli venisse voglia di ballare, e perché era un mezzo efficace per tornare a ricordi già ritrovati (non più di quattro, in ogni caso), ma mentiva a se stesso: arrivava persino a dire che adesso stava davvero ricostruendo la sua piccolissima storia. E vomitava perché era convinto che così i ricordi sarebbero risaliti fino a lui, bruciandogli la gola, schizzi di un tempo sprecato. Ma in questo modo non ottenne mai niente.



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